Come mai dopo trent'anni di dittatura gli egiziani si sono svegliati proprio adesso?
Forse la misura era colma o forse c'è qualcosa d'altro. La scintilla che ha innescato la rivolta è stata l'aumento del prezzo del cibo, ma perchè c'è stato questo aumento?
Cominciamo coll'osservare il grafico dei consumi interni di petrolio: vediamo che sono cresciuti rapidamente mentre la quantità di petrolio estratto è costante.
Le due curve si sono incrociate e l'Egitto sta passando dalla condizione di esportatore a quella di importatore di petrolio (se ci sarà petrolio disponibile per lui sul mercato mondiale visto che molte altre nazioni hanno una produzione stabile o calante dal 2005 mentre le richieste crescono).
L'Egitto non è un grande esportatore ma i guadagni sulle esportazioni di petrolio fornivano il denaro per i sussidi statali con cui venivano tenuti bassi i prezzi del cibo e dei combustibili; sussidi - in parte - ancora garantiti dalle esportazioni di gas, la cui produzione è però rimasta praticamente piatta dal 2005 e per cui non si prevedono aumenti.
La fine delle esportazioni significa dunque la brusca fine dei sussidi e quindi l'aumento dei prezzi dei generi di prima necessità e dei combustibili.
Mentre accadeva questo, la popolazione dell'Egitto è cresciuta (spinta proprio dal relativo benessere indotto dalle esportazioni di petrolio) e quindi è aumentata la richiesta di cibo ma è diminuita la terra per l'agricoltura sostituita da aree urbane. L'Egitto è così oggi il primo importatore di grano al mondo (importa il 40% del suo cibo e il 60% del grano).
Ma la produzione mondiale di cereali non sta crescendo in modo da soddisfare le richieste, sia per problemi contingenti legati a eventi metereologici e agli incendi in Russia, ma anche perchè parte delle terre fertili viene usata per i biocarburanti e perchè gli aumenti di produzione legati alla Rivoluzione verde (cioè all'uso di fertilizzazione e irrigazione) sono ormai finiti.
Alla scarsità mondiale di materie prime e cibo si somma una maggiore richiesta dovuta al fatto che il sistema economico mondiale si è sostenuto - dopo la crisi finanziaria - riversando un fiume di denaro su India, Cina, Brasile, Russia e Indonesia. Il tenore di vita di due miliardi e mezzo di persone si è alzato velocemente e con esso i consumi di prodotti alimentari e beni voluttuari (il modello consumistico per sostenersi cerca nuovi consumatori).
Minore offerta e maggiore richiesta portano all'aumento dei prezzi a cui si somma l'aumento dei costi di produzione e trasporto legati all'aumento del costo del petrolio.
In Egitto si ha dunque un problema legato al picco della produzione petrolifera locale che si incrocia con quello mondiale dell'aumento dei prezzi delle materie prime e del cibo.
Moltissimi sono i paesi produttori di petrolio il cui modello economico è lo stesso dell'Egitto e che si trovano - o si troveranno - in situazioni simili (Export land model): tra cui il Messico (il secondo esportatore verso gli Stati Uniti), l'Iran, l'Algeria, lo Yemen, la Siria, l'indonesia, la Malesia, l'Argentina, la Colombia, ma anche la stessa Arabia Saudita e la Russia.
Gli altri paesi al di fuori delle economie "emergenti" e senza risorse petrolifere stanno "semplicemente" sperimentando un aumento dei prezzi che spinge milioni di persone dal livello di sopravvivenza a quello di indigenza.
La richiesta di democrazia dei popoli del Mediterraneo è dunque richiesta di cibo per mangiare e di abiti per vestirsi: i due dollari al giorno con cui vive la maggior parte delle persone del Mediterraneo meridionale non bastano più a soddisfare i bisogni primari.
Si può stare trent'anni sotto una dittatura, se si mangia, ma quando la propria sopravvivenza è in gioco non ci sono polizie o frontiere che possano fermare i disperati.
La globalizzazione consiste in una competizione in cui aree di privilegio si mantengono sul massacro delle popolazioni dei paesi più deboli. Una competizione che comincia anche a colpire dall'interno i paesi "ricchi" ove si creano sacche sempre più vaste di esclusi, di esuberi, di rifiuti.
La tenuta del sistema di sfruttamento coincide con la tenuta della frontiera fra benessere e povertà estrema, linea di confine che fino a qualche settimana fa era presidiata da dittature e oligarchie spietate a cui l’Occidente aveva rilasciato un lasciapassare internazionale, in cambio della regolazione dei flussi migratori e dell’emarginazione dei fondamentalismi religiosi.
Ma ora si è scatenato il mostro della fame che ha fatto saltare un equilibrio politico durato trent’anni.
Ecco ora un altro grafico: l'andamento mondiale dei prezzi del cibo (fonte FAO):
I prezzi sono calati con la crisi finanziaria ma ora si stanno impennando di nuovo. Dietro a questo grafico c'è miseria, fame, morte, rivolte e guerre, ci sono gli attentati e i pirati che attaccano le petroliere, ci sono i paesi produttori di petrolio che venderanno cara la pelle, ci sono bambini che muoiono senza cure in Iran o bruciano nelle loro baracche a Roma.
Sul cibo un altro fronte sta per aprirsi: il prezzo del riso non ha per ora seguito la corsa al rialzo, la maggior parte dei governi asiatici sta vendendo le proprie riserve per calmierare il mercato della più importante risorsa alimentare mondiale e per il momento la situazione sembra sotto controllo.
Fra sei mesi le scorte finiranno e probabilmente il prezzo del riso seguirà quello del grano con il risultato che più di un miliardo di persone si troverà alla fame, a quel punto i confini degli Stati avranno lo stesso valore di una linea tracciata sulla sabbia travolta da un'onda enorme di disperati.
Ed alla fine un pensiero per il nostro paese: senza materie prime e con i terreni agricoli invasi dal cemento e dai rifiuti. L'unica cosa che avevamo erano i cervelli, ma sono scomparsi ormai da parecchi anni. Nelle scuole pascolano solo bocche che pretendono di essere sfamate - ignare vite di scarto. Tutto quel che dovremo importare - se ce ne sarà a sufficienza - ci costerà di più. Senza una guida, illusi fino all'ultimo di essere in un mondo - se non fatato - comunque controllabile con l'uso della prepotenza istituzionale verso i più deboli e con la diminuzione delle spese per la solidarietà, la salute e l'istruzione, sempre in attesa di qualche miracolo tecnologico, quando ci risveglieremo dal sogno ci ritroveremo nell'incubo.
La crisi vera sta per arrivare e non sarà passeggera, non ci sarà ripresa, il modello consumistico è al capolinea. Non esistono soluzioni locali a questa crisi globale. Dovremo ripensare tutto il nostro modo di vivere perchè la soluzione (non cruenta) sarà una sola: riportare al centro di tutto l'uomo, al posto che ora è del denaro.
P.S. questo post è la sintesi di molti articoli e letture che cerco di elencare nel seguito:
What's Behind Egypt's Problems?Food price indexExport land modelMilitari, fregatura d'Egitto Massimo Fini Il Fatto quotidiano 16/2
Allarme fame per l'Occidente Superbonus Il Fatto quotidiano 15/2