domenica 20 febbraio 2011
Cella liscia
In carcere arrivano persone da ogni parte d'Italia, ma quella no, quella viene da un paesino vicino. Per questo tipo di rifiuti è più economico il carcere a km zero.
E' un alcolizzato con problemi mentali, senza famiglia, senza istruzione, senza lavoro, senza aiuto, molto più vecchio della sua età, uno che vedi per la strada e giri al largo; la pietà - se anche la provi - è scacciata dalla repulsione.
Per ubriacarsi ruba e mentre lo fa urla, inveisce e fa il matto; lo prendono sempre ed è un continuo andirivieni verso il carcere: furto, minacce, estorsione; tutto per una bottiglia con cui ubriacarsi.
Ubriacarsi - forse - per placare qualcosa di spaventoso che gli gira per la testa; qualcosa che posso solo immaginare, perchè non lo conosco, perchè è una storia che mi hanno raccontato, ma mi fa paura.
E quando entra in carcere fa sempre la stessa cosa: si taglia.
E allora deve stare in "cella liscia" una cella senza nulla: solo un materasso sporco e una coperta, un buco per gli escrementi, dove sta solo e nudo. Una tortura che si aggiunge a tutto il resto, inflitta come male minore, per proteggerlo da se stesso.
Eppure riesce lo stesso a tagliarsi e poi sparge gli escrementi per la cella e se li spalma sulle ferite e sul corpo.
Nella voce e negli occhi di chi mi racconta questa storia sento la disperazione, l'impotenza, l'impossibilità di evitare questa lenta eliminazione di una vita. Lo strazio di chi è ancora umano in un sistema che stritola quelle che ritiene "vite indegne di essere vissute".
Tutto questo accade vicino da noi; e rimane lì anche se ci giriamo dall'altra parte. Lui beve, noi - per non vedere - ci ubriachiamo di ipocrisia.
Pian piano, con lente volute, il fumo nero continua a uscire dai camini.
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