martedì 19 luglio 2011

In memoria di don remo (gaspari)



Vasto 4 gennaio 1991

Caro Remo
Non è vero che la Cooperativa è in via di liquidazione: manca solo il miliardo immolato da me, forse con troppa leggerezza, sull'altare della fiducia ad uomini del nostro partito che si sono rivelati, quanto meno improvvidi e faciloni. Ho ritenuto di dovermi addossare il 90% della responsabilità dell'accaduto ed ho voluto pagare di persona dimettendomi. .........

Roma 14 gennaio 1991
La cosa strana è che oggi come allora, venti anni dopo, per il Parco della costa dei Trabocchi, accade di nuovo che il livello economico prende una decisione e il braccio politico la esegue, inventandosi una storia del tutto diversa per nascondere i veri obiettivi.

E nessuno che capisca o ricordi.


(Tratto dalla copia un carteggio diffuso alcuni mesi fa da uno dei soggetti interessati; anche se i fatti non sono più penalmente perseguibili, è uno straordinario documento di come le nostre vite - e i nostri soldi - dipendano dalle decisioni dei nostri rappresentanti prese a nostra insaputa e contro i nostri interessi)

sabato 9 luglio 2011

Se non ci fosse la mamma

La signora prende il numerino e fa la fila ordinatamente.
Arriva al banco e chiede alla farmacista: "Come si chiamano quelle pillolette contro la diarrea?"
"Imodium".
"Grazie, ma non le voglio".
Sconcerto della farmacista e dei clienti.
"Il fatto è che mio figlio sta all'università a Bologna e ha la diarrea e mi ha telefonato per sapere come si chiamava la medicina; allora sono venuta a chiedere, così ora glielo dico per telefono e lui le va a comprare".

Accaduto realmente questa mattina a Vasto

mercoledì 6 luglio 2011

Insieme non abbiamo futuro

Domenica a Fossacesia c'è stata una manifestazione contro il Parco della Costa Teatina. Sostanzialmente un fallimento. Dopo un rinvio e settimane di martellante propaganda falsa basata sulla paura: per otto comuni c'erano 50 trattori (compresi vongolari e cacciatori) e meno di 200 persone sotto il palco di cui molti cacciatori e meno della metà che applaudiva.

Sul palco il sindaco di Rocca San Giovanni che vuole eliminare le aree protette dal suo comune, il sindaco e l'assessore al turismo di San Vito che tra pochi giorni cercheranno di spiegare come un resort all-inclusive da 1000 posti letto sia la scelta giusta per i sanvitesi e il sindaco di Villalfonsina amico personale del coordinatore al Parco (che però non vuole il Parco) e che ha nell'ufficio tecnico del suo comune il vicesindaco di San Vito.

Poco da raccontare se non fosse stato per il cartello che apriva la sfilata dei trattori.


Insieme non abbiamo futuro

Quel ragazzo portava al collo una frase che contraddiceva non solo secoli di cultura ma anche migliaia di anni di evoluzione: da quando l'uomo si è reso conto che il gruppo aveva più possibilità del singolo.

E perché - oggi - un cartello del genere? Perché credere così facilmente a delle bugie per rinchiudersi in piccoli gruppi diffidenti gli uni degli altri? Perché certe idee si sono fatte strada così facilmente?

La spiegazione mi ha colto di sorpresa, perché è la stessa di cui tanto ho letto e parlato e - nonostante questo - non l'ho saputa riconoscere subito.

In un periodo in cui tutte le grandi idee, le speranze, il futuro stesso hanno perso di credibilità, la paura di un nemico fantasma è tutto quel che è rimasto ai politici per conservare il potere. I politici che non sanno reagire alle sfide globali si mantengono in sella alimentando paure, sviando le paure delle persone dai problemi che non sanno affrontare verso altre costruite a tavolino e più "gestibili".

E così c'è la paura per lo straniero, per l'immigrato, per il mussulmano, per il meridionale, per il povero, per i comunisti, per i NO-TAV, per il vicino di casa. Dopo questo martellamento le teste sono cambiate e la diffidenza è il primo sentimento. Si ha paura di tutti, a priori.

Anche i luoghi sono cambiati: ora ci sono recinti, muri, sbarramenti, cancellate, telecamere, barriere ovunque. I luoghi di aggregazione che ancora sopravvivono sono deserti. Unici punti affollati sono i centri commerciali dove i consumatori coatti si aggirano in massa ma da soli.

E quindi non sembra neppure un caso che l'alternativa al parco sia rappresentata dal Resort di San Vito: un simbolo di questa nuova architettura dell'esclusione; in cui i turisti - se mai ve ne saranno - resteranno dentro, al sicuro nei loro agi, in uno spazio senza una reale collocazione geografica, e a chi sta fuori non resterà che contemplare - da quello che era un belvedere - lo spettacolo della ricchezza, soffrendo per la dolorosa esclusione da quel mondo.

Ecco quel che è accaduto: anche il no al Parco è un frutto della paura dell'altro; una paura che esclude il confronto, l'azione, i cambiamenti. E' bastato poco a chi aveva interesse a convincere, per farlo; è ormai un riflesso condizionato: la ragione non può nulla quando quel che ti dicono va in risonanza con le altre paure indotte di questa società allo stadio terminale.

Se quindi il Parco vuol dire anche solidarietà, confronto, collaborazione, unione, speranza, questo è per me è un motivo più che sufficiente per cercare di renderlo reale.