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mercoledì 7 settembre 2011

I conti in tasca al ragioniere


L'incontro al Ministero è andato esattamente come avevamo previsto. La legge esiste e non si può fare finta di niente rimbambendosi di chiacchiere.

Agli amministratori è stato detto fermamente che se faranno quel che devono il Commissario ne prenderà atto (a meno di scelte evidentemente insensate).

E' stato anche spiegato che i soldi per il funzionamento del Parco sono già stati stanziati e stanno lì ad aspettare.

Il primo risultato dell'incontro è stato che il Sindaco di Casalbordino e la sua giunta si sono decisi a fare la perimetrazione entro i termini richiesti.

Anche altri sembrano aver capito meglio come stanno le cose, ma attendiamo prese di posizione ufficiali.

L'unico che sembra non aver capito nulla è sempre Febbo che ripete ai quattro venti che sono tutti contrari.

Poiché è un ragioniere proviamo a convincerlo con i conti (solo per stare al gioco, non perché riteniamo che questo sia il modo di fare).

Ad oggi si sono formalmente dichiarati a favore: San Salvo, Vasto e Fossacesia. Casalbordino ha fatto una delibera in cui esprimeva un dubbio a cui ieri è stata data una chiara risposta ed oggi è pronto a perimetrare. Da chi è contrario (secondo Febbo) non è invece ancora venuto nessun atto formale e noi pensiamo che Febbo possa essere nuovamente smentito molto presto - come ha già fatto oggi Casalbordino.

Francavilla aveva già perimetrato, altri comuni potrebbero chiedere di entrare.

Ma ad oggi saremmo 4 a 4. Se però andiamo a vedere gli abitanti e facciamo un piccolo conto vediamo che già oggi il 68% della popolazione interessata abita in comuni che perimetreranno entro il 30 settembre. Cifre alla mano non ci sembra proprio che si possa dire che sono tutti contro.

Febbo si dice anche convinto che - tramite i parlamentari PDL - riuscirà ad abrogare il Parco e saranno così i primi al mondo a certificare per legge che una terra (in particolare la terra d'Abruzzo) non vale niente dal punto di vista ambientale, paesaggistico e culturale. Nel frattempo - ovviamente - non si dimette e continua a tradire il suo mandato.

Il piano era chiaro dall'inizio: sobillare alcuni cacciatori, agricoltori e anche pescatori (si anche i pescatori) in modo che facessero un po' di confusione e poi dire "il Parco nessuno lo vuole". Non sembra sia andata bene visto che le voci a favore sono molte di più e molto più autorevoli delle pochissime contro (sperando che le minacce fatte apertamente in questi mesi nulla abbiano a che vedere con gli incendi di questi giorni). Ma lui va avanti lo stesso.

In questi giorni i nodi dell'economia globale stanno venendo al pettine e in Italia si chiede alle nuove generazioni di pagare il conto più salato. Può anche darsi che qualcuno - nel marasma di questi giorni - tenti un ultimo colpo di mano per mettere qualcos'altro nel sacco. Sembra assai difficile ma non si sa mai: un paio di righe aggiunte ad una legge su cui viene chiesta la fiducia, non sarebbe la prima volta per questo tipo di sotterfugi.

Il Parco è la nuova società che potrebbe nascere dalle ceneri di questa.

E' il modello del futuro.

E' il posto dove vivranno i nostri figli.

Abbiamo la fortuna unica di averlo già pronto, non facciamocelo portare via sotto il naso
dal ragionier Febbo!

Pubblicato su vogliamoilparco.blogspot.com

sabato 13 agosto 2011

Il paese dei balocchi


"Quel che sta succedendo è solo un episodio temporaneo. Tra qualche mese, passata la bufera dovuta agli speculatori finanziari nascosti in un livello segreto e indecifrabile di internet, tutto tornerà come prima. Potremo tornare a comprare automobili, a fare lo sciopping, a prendere l'aereo per villaggi turistici loucost in mete lontane. A desiderare l'aipad, il condizionatore, a vestirci alla moda ....... "

O forse no, forse le favole sono definitivamente finite. Quei cinquant'anni di follia che abbiamo vissuto sono ormai alle spalle. Come sembrano già lontani i giorni delle file alle casse dei supermercati, dietro a decine di altri carrelli stracarichi.

Il paese dei balocchi è svanito e si sente ragliare ovunque. E come tanti lucignoli c'è già qualcuno pronto per comprarci a prezzo di fallimento, e attenti a non azzopparvi se non volete diventare pelle per tamburi.






giovedì 11 agosto 2011

Il mondo ha cominciato a correre

Il mio silenzio delle ultime settimane non è dovuto alle vacanze. Dopo anni passati a segnalare gli scricchiolii ora ci siamo davvero, stiamo prendendo velocità lungo questo scivolo nella nebbia.

Non serve scrivere dei crolli dell'economia, si sapeva ma non si credeva che l'America aveva i piedi d'argilla, si sapeva ma non si credeva che l'Italia stava peggio e non meglio, si sapeva ma non si credeva che a pagare sarebbero stati sempre i soliti, si sapeva ma non si credeva che ai limiti delle grandi città del mondo c'è la rabbia degli esclusi dal sogno senza riposo dei consumi.

A cosa servirebbe ora scrivere di tutto questo, basta leggere la cronaca.

Ma se io sapevo cosa sarebbe accaduto, chi opera al livello economico-speculativo non solo lo sapeva, essendone la causa, ma ha preparato da tempo la strategia di uscita per perpetuare la propria esistenza.
Il crollo delle borse assicura i guadagni di pochi, mandando in fumo tutto il resto. Non è un problema dei ricchi perchè le vere ricadute sono sulla sanità e sulle pensioni, in Italia come in America.
Dove vivo io il fondo del barile per la speculazione si chiama: cemento, petrolio, discariche, inceneritori.


Quel che si può fare ora è cercare di guardare oltre, di costruire il dopo. Il dopo che qui è il "Parco della Costa teatina". Il Parco Nazionale impedirebbe le speculazioni a favore delle persone normali, presenti e future, ed allora si muovono contro il Parco, in silenzio ed agendo sulla politica obbediente.

Questo è qualcosa di cui non parlano i giornali e di cui posso parlare io. E' un progetto per un futuro migliore che posso perseguire, a cui dedico il mio tempo.

Voglio quindi parlare di come una popolazione venga distratta e ingannata dopo essere stata educata all'indifferenza e all'obbedianza e di come - forse - la stessa popolazione si risveglierà.

In parallelo - mentre io sono indaffarato altrove - riprendono i commenti dei miei troll: caro/i io vi lascio fare solo "per ricordarmi la mia distanza dalle stelle". Per ricordare che la prima difficoltà è in mezzo a noi perchè molti agiscono contro se stessi: alcuni per piccoli interessi immediati, altri perchè credono ancora nelle favole ed infine ci sono quelli che lo fanno solo per il piacere di farlo (da qualche parte al nord si dice che "c'è chi mette le balle sulle rotaie del tram per sentire i sciopp" - chissà se il mio troll nordico mi può aiutare con la citazione in dialetto?).

Avanti così dunque, il mondo ha cominciato a correre.

venerdì 4 marzo 2011

Perché studiare?


"Le società dei nostri genitori e nonni fissavano le condizioni per l'ammissione … . Ma quelle condizioni erano spiegate con chiarezza, senza possibilità di fraintenderne i termini, ed erano complete di istruzioni altrettanto chiare sui modi per soddisfarle.
In quelle società, le piste della carriera professionale cominciavano non appena oltrepassato il punto d'ingresso. Quelle piste erano quasi sempre strette, lasciavano ben poco spazio per sgomitare e ancor meno per promettere avventure … . Ma per coloro che avevano ancora bisogno di un'imbarcazione affidabile che promettesse una navigazione sicura, la destinazione non era né un mistero né l'oggetto di una scelta tormentosa; i compiti della navigazione non erano irti di rischi innumerevoli e ingiustificabili. A chi maneggiava i remi non restava altro che vogare con diligenza e assiduità, seguendo «alla lettera» le regole della nave.

Il disagio odierno è diverso: è legato ai fini anziché ai mezzi. Le procedure di un tempo, denigrate e vissute con risentimento da tanti mentre erano ancora in pieno vigore, ormai si sono estinte, portandosi dietro nella tomba anche quella fiducia che ispirava sicurezza. Ormai non è più questione di reperire i mezzi in vista di fini chiaramente definiti, e poi di tenerli saldamente e di utilizzarli con il massimo dell'abilità al fine di produrre il massimo dell'effetto. Oggi il punto è che i fini sono sfuggenti (e fin troppo spesso illusori): sfumano e si dissolvono in un tempo più breve di quello necessario a raggiungerli, sono fluidi, inaffidabili e comunemente visti come non meritevoli di incrollabile impegno e dedizione." (1)
Mentre leggevo questo libro mi è arrivato il numero 4/2010 di Inarcassa, il trimestrale della Cassa Nazionale degli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti che a pag. 28 analizza le opportunità di lavoro nella libera professione per i neolaureati. Dopo tre pagine, proprio il giornale dei liberi professionisti conclude così:
"Come si vede dal confronto tra le esigue opportunità di lavoro (e quindi di guadagni) e le certezze di importanti spese, il bilancio che ne deriva è sconfortante. Esercitare la libera professione di ingegnere ed architetto non è garanzia di lavoro e guadagno e, a maggior ragione, iniziare una tale attività può essere un errore irreversibile."
E propone come principale alternativa quella di:
"Valutare la possibilità di lavoro all'estero. Ancora oggi i professionisti italiani hanno un buon mercato lontano dall'Italia; Australia, Nuova Zelanda, ma anche Canada, Stati Uniti e Medio Oriente apprezzano le capacità e l'estro dei nostri professionisti".
Ecco quindi che nelle pagine di Bauman confermate - dove meno te lo aspetti - in una maniera che mette i brividi, prende forma quanto l'esperienza di tutti i giorni già aveva fatto intendere e contemporaneamente si sbriciola il discorso che tante volte ho fatto ai miei studenti: "Fate come me: io sapevo che se avessi studiato sarei salito nella scala sociale e avrei avuto un lavoro ben retribuito; ho faticato ma così è stato".

Non so quante volte l'ho detto, senza rendermi conto che il mondo era cambiato. I genitori vissuti nel mio stesso pianeta erano d’accordo, i figli alieni non capivano di cosa stessimo parlando.

Che senso ha - oggi - dirgli: "Studiate e «quindi» avrete un lavoro e il denaro con cui comprare quelle cose che vi sembrano tanto necessarie"?

Non solo lo studio non garantisce una futura appartenenza al mondo dei consumatori, ma è lo stesso concetto di futuro ad essere scomparso. Semplicemente non esiste, non si riesce ad immaginarlo coperto da un'oscura incertezza; la loro vita appare una battaglia persa in partenza, l'anteprima di uno spettacolo che non verrà rappresentato. Neppure la "felicità" di una conformistica vita da schiavi sembra essergli più permessa.

Ed allora: "Perché dovrebbero studiare?"

Per rispondere ci si deve scrollare di dosso la convinzione (questa si inculcata quotidianamente) che tutto vada valutato in termini di mercato e che a questo modo di essere non ci siano alternative; solo così si può capire che questi ragazzi hanno solo una possibilità di sottrarsi al loro destino: devono ricostruire l'idea di futuro, in altre parole devono cambiare il mondo. Non importa quanto possa sembrare difficile, perché è la loro unica possibilità.

E per farlo devono studiare, studiare a lungo, studiare sempre; perché solo se capisci quello che hai intorno, se sai usare gli strumenti adatti, se sai pensare, solo così saprai contro cosa e come combattere e potrai avere una speranza di riuscire (o comunque di dare un senso alla tua vita invece di venire travolto da una corrente incomprensibile). Devono studiare perché "colui che non comprende il presente non può pensare di controllare il futuro" e perché "l'ignoranza produce la paralisi della volontà" (2).

Ma per poter studiare bisogna prima imparare a farlo e a questo serve la scuola. I contenuti - tanto cari a chi pensa alla scuola come una fabbrica che deve sfornare esseri umani pronti per le richieste del mercato - sono - tutto sommato - secondari; ma nello stesso tempo ogni materia è un allenamento, magari faticoso e noioso ma proprio per questo necessario: perchè chiunque corre in bicicletta ha cominciato girando in tondo in un piccolo cortile.

Ora che ho capito, non resta che farlo capire anche a loro .......

(1) Zygmunt Bauman "Vite di scarto" - Economica Laterza 2004
(2) Zygmunt Bauman "Vita liquida" - Economica Laterza 2005

lunedì 20 dicembre 2010

Da consumatori a produttori

@enio ha detto... condivido il concetto espresso sulla sinistra. Non avendo più una sua identità tende ogni giorno di più a somigliare al PDL e tra i due io scelgo l'originale

Un discorso da consumatore perfetto, che esercita al meglio la sua libertà di scelta, difficile dargli torto.

Ma i consumatori sono davvero liberi? A ben guardare possono solo scegliere tra i prodotti che altri hanno preparato per loro.

E' dunque ben misera la "libertà" del consumatore, e lo è ancora di più se si osserva che la possibilità di non comprare non è nemmeno messa in discussione.

La "politica" è basata sullo stesso meccanismo: il "libero" elettore deve solo scegliere tra prodotti preconfezionati che oggi - nonostante il marketing - si riducono sostanzialmente all'originale e alla sua brutta copia.

Perchè allora non fare un atto di ribellione: non comprare più quei prodotti, non votare più quei partiti?

Atto che però sarebbe fine a se stesso e sostanzialmente inutile: perchè non comprare un maglione non ci ripara dal freddo.

Per la politica, come per i consumatori, l'unica vera alternativa è allora quella di farsi da se il maglione.

Uno, dieci, cento, mille, centomila maglioni e questa politica sarà spazzata via.

@enio pensaci un po' su. E' un po' come affrontare il mare aperto: sarà difficile orientarsi ed avrai paura; forse affonderai.

Ma sarai finalmente libero.

martedì 8 giugno 2010

Le balle che preludono al caos


di Massimo Fini sul Fatto quotidiano del 1 giugno 2010

Nell'ultima pagina del mio libro Il denaro. Sterco del demonio, del 1998, dopo aver raccontato la trionfale cavalcata del denaro dall'epoca della sua prima apparizione (…) ai giorni nostri e della sua progressiva trasmutazione, quasi alchemica, da mero intermediario dello scambio, per evitare le triangolazioni del baratto, e misura del valore a merce vera e propria sia pur assai volatile, così concludevo: “Il giorno del Big Bang non è lontano. Il denaro, nella sua estrema essenza, è ‘futuro’, rappresentazione del futuro, scommessa sul futuro,rilancio inesausto sul futuro, simulazione del futuro a uso del presente.
Se il futuro non è eterno ma ha una sua finitudine noi, alla velocità cui stiamo andando, proprio grazie al denaro, lo stiamo vertiginosamente accorciando. Stiamo correndo a rotta di collo verso la nostra morte, come specie.
Se il futuro è infinito e illimitato lo abbiamo ipotecato fino a regioni temporali così sideralmente lontane da renderlo di fatto inesistente. L'impressione infatti è che, per quanto veloci si vada,anzi proprio in ragione di ciò, questo futuro orgiastico arretri costantemente davanti a noi. O, forse, in un moto circolare, nietzschiano, eisteiniano, proprio del denaro, ci sta arrivando alle spalle gravido dell'immenso debito di cui l'abbiamo caricato.
Se infine, come noi pensiamo, il futuro è un tempo inesistente, un parto della nostra mente,come lo è il denaro, allora abbiamo puntato la nostra esistenza su qualcosa che non c'è, sul niente, sul Nulla.
In qualunque caso questo futuro, reale o immaginario che sia, dilatato a dimensioni mostruose e oniriche dalla nostra fantasia e dalla nostra follia, un giorno ci ricadrà addosso come drammatico presente.
Quel giorno il denaro non ci sarà più. Perché non avremo più futuro, nemmeno da immaginare. Ce lo saremo divorato”.
È quanto sta accadendo, anche se non nei termini così radicali che io indicavo. Per un collasso definitivo ci vorrà ancora un po' di tempo. Non molto. Il prossimo colpo sarà quello del ko.
Lo ammette il ministro dell'Economia Giulio Tremonti in un'intervista (…) . Tremonti ammette cioè che (...) la crisi è stata temporaneamente tamponata immettendo nel sistema altro denaro inesistente, drogato, tossico non meno dei titoli "tossici", nella speranza che il cavallo dopato faccia ancora qualche passo in avanti. Ma la cosa non può durare ancora a lungo, perché, prima o poi, arriva il momento fatale dell'overdose mortale.
“Ma come può intervenire la politica?”chiede a questo punto l'intervistatore (…) “È già molto capire e l'impressione è che, sopra i popoli, superato lo choc iniziale, anche segmenti sempre più ampi delle classi dirigenti comincino a capire ”. Ma noi non abbiamo bisogno di classi dirigenti che capiscono le cose quando sono già avvenute, che ci dicano il risultato della partita quando è finita. Ciò che io, che non sono un economista, avevo capito o intuito nel 1998, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti aveva il dovere di capirlo almeno nel 2007 quando ci fu il tracollo dei subprime americani. Le sue prediche di oggi, elargite con gran prosopopea, sono inutili oltre che sommamente irritanti (...). E ciò vale, ovviamente, non solo per Tremonti ma per tutte le classi dirigenti occidentali, politici, economisti, imprenditori, intellettuali che o non hanno capito, e allora sono dei coglioni indegni di dirigere una Asl, o sono dei mascalzoni che hanno fatto finta di non capire e ci hanno ingannato come continuano ad ingannarci. Perché anche la distinzione fra capitalismo finanziario e capitalismo industriale (l'“economia reale”) è un inganno. Anche il capitalismo industriale si basa sulla stessa logica di quello finanziario: una inesausta scommessa su un futuro, additatoci continuamente, per tenerci al basto, come Terra Promessa, che arretra costantemente davanti ai nostri occhi con la stessa inesorabilità dell'orizzonte davanti a chi abbia la pretesa di raggiungerlo. Se mai il capitalismo finanziario, con la sua brutalità, ha il pregio di smascherare questo giochetto infame che dura da due secoli e mezzo e che deve finire.
E finirà.
In un bagno di sangue, quando, crollato questo modello di sviluppo paranoico, la gente delle città,accorgendosi che non può mangiare il cemento e bere il petrolio, si dirigerà verso le campagne dove verrà respinta a colpi di forcone da chi, avendo compreso le cose per tempo, sarà tornato, come ai vecchi tempi, all'economia di sussistenza (autoproduzione e autoconsumo) in cui il valore di una mucca, a differenza di quello del denaro o del petrolio, resta sempre tale, perché una mucca bruca, trasforma l'erba in latte, caga come dio comanda e concima, in un ciclo biologico perfetto, e, al limite, se ne può sempre fare bistecche.


In quanto a Tremonti e a tutti i Tremonti della Terra per loro è pronto, se saranno ancora vivi, l'albero cui saranno pregati di appendersi.

www.ilribelle.com

mercoledì 26 maggio 2010

Riso nero


Oggi, mentre parlavo del rapporto ISTAT e sul futuro dei giovani che ne viene fuori ad una classe ben al di sotto di quelle stesse medie, un mio studente maschio ha trovato la soluzione: "Ci prostituiremo tutti!" ha esclamato.
Ho colto l'occasione al balzo per un appunto di economia sul rapporto tra domanda e offerta, ma - devo dire - che la proposta ha un suo senso: forse solo così possono mettere a "frutto" capacità e competenze a me ignote. Già posso immaginare le catene di "Fast Fott" con la loro accattivante pubblicità: "solo carne italiana a partire da 3€".

Risate amare e futuro nero

giovedì 15 ottobre 2009

L’insolenza dell’intelligenza viva

Ieri il parlamento ha ribadito la diversità di alcuni cittadini rispetto ad altri; si sono trovati d'accordo PDL, UDC dopo aver sentito i vescovi e anche la binetti (PD) senza ascoltare nessuno. Oggi invece la gelmini è tornata ad insistere sul voto di religione.

Ci sono persone - plasmate fin da piccole e poi portate in posti chiave - che sono esecutrici cieche della "volontà divina"; ce ne sono poi altre che, senza bisogno di un indottrinamento feroce ma per una inclinazione naturale alla sottomissione, si genuflettono ad ogni occasione e strisciano lingua a terra per ingraziarsi i rappresentanti di dio in terra; tra essi c'è chi lo fa per conto proprio e chi, come il ministro gelmini, per conto di altri (consiglio al lettore di trasportare questa doppia servitù pubblica nel piano privato dei gusti sessuali; si possono trovare curiose corrispondenze tra due mondi apparentemente così distanti).

Tutto avviene ovviamente alla presenza degli eunuchi informatori, che ne riprendono le esibizioni e le mandano in onda: è il catechismo liquido - che tutto pervade - dei nostri tempi e del nostro paese.

I fatti che ho ricordato sono solo alcune gocce di una nube immensa che ci avvolge, a cui non facciamo più caso; come al fumo e al rumore del traffico che dopo un po' quasi non si sentono più. Come topi, viviamo e respiriamo in una galleria, illuminati dal sole dei fari e convinti che quella sia l'unica vita possibile.

Eppure era solo il 1963 quando Martin Luther King (un prete) ed altri combattevano (e morivano) per un sogno; in quegli anni anche i neri d'America credevano fosse normale essere schiavi. Ma oggi l'America ha un presidente nero votato anche dai bianchi.

I sogni si possono avverare, basta crederci e tenere alta la testa.



Questa notte, ho letto un'intervista al premio Nobel José Saramago, con una frase che è perfetta per dire quel che sento:
"Mi sono sempre considerato un ateo tranquillo perché l’ateismo come militanza pubblica mi sembrava qualcosa di inutile, ma ora sto cambiando idea.
Alle insolenze reazionarie della Chiesa Cattolica bisogna rispondere con l’insolenza dell’intelligenza viva, del buon senso, della parola responsabile.
Non possiamo permettere che la verità venga offesa ogni giorno dai presunti rappresentanti di Dio in terra ai quali in realtà interessa solo il potere.
Alla Chiesa nulla importa del destino delle anime, quello che ha sempre voluto è il controllo sui corpi.
La ragione può essere una morale. Usiamola."

(fonte: il Fatto quotidiano 14/10/2009)


P.S. Oltre ai fanatici e ai falsi devoti ci sono anche quelle persone che dentro di se hanno trovato la fede in Dio. Sono sempre persone splendide ma purtroppo ce ne sono sempre di meno.