lunedì 17 maggio 2010

La libertà è partecipazione

Vediamo un po' di fare il punto della situazione:
berlusconi - e il berlusconismo con lui - se ne stanno andando. Non ha mai concepito il futuro e - coerentemente - non è stato così lungimirante da capire l'esito inevitabile del circondarsi di servi ingordi, di disonesti rancorosi, di inetti di bella presenza, di persone che ancora oggi e ovunque, dai ministeri ai consigli comunali, ballano sul ponte della nave ormai inclinata mentre i loro figli dormono sottocoperta.
I loro elettori si aspettano ancora con beota innocenza un colpo di teatro, un carosello, o almeno un diversivo ma sembra che tutto sia già stato visto e promesso. Nonostante gli sforzi per nascondere, negare, trasfigurare: le tasse aumenteranno, ci saranno più buche nelle strade, l'amministrazione dello stato sarà ancora meno efficiente, i figli più stupidi e ignoranti, i nonni peggio curati, le città meno sicure, le pensioni più basse, i servizi più cari, insomma: lacrime e sangue, sempre che non vada molto peggio.
E quando tutto - ma veramente tutto - peggiorerà, cosa faranno ai loro eletti? Li appenderanno a testa in giù ad ogni angolo di strada?
Non ce li vedo, ci vorrebbe un minimo di dignità ma non è più una merce diffusa; non credo in un bagno di sangue - più o meno figurato: il lavoro di anni sulla stupidità è stato così efficace che ci saranno ancora tantissimi teledeficienti sintonizzati sul messia e pronti al suicidio di massa.
I più evoluti probabilmente negheranno di averlo mai votato, cambieranno strada e discorso, fatalisticamente si giustificheranno in terza persona "la crisi è mondiale" - "gli elettori sono stati ingannati" - "era nel giusto, la colpa è di chi gli stava intorno" e proprio quando starò per colpirli con una mazza diranno "e poi chi avrei dovuto votare, Veltroni?" e qui - nonostante il fatto che questi mentecatti non avrebbero votato neppure Calamandrei o Pertini - riporrò la mazza.

Perchè non c'è niente da fare: non siamo poi così migliori, non possiamo dirci superiori.
Parlo per me: io non ho partecipato, non ho messo tutto l'impegno che avrei dovuto, sicuramente non ho collaborato ma ho solo cercato il male minore, mi sono turato il naso, ho sperato, qualche volta ho fatto il tifo ma quasi sempre non mi sono informato, non ho visto o non ho capito, ho lasciato fare senza oppormi con forza al crollo simmetrico di quella che una volta era la mia parte politica.
Rispetto ad altri mi sono solo svegliato un po' prima dall'anestesia, nulla di più.
Il crollo di berlusconi inevitabilmente si porterà dietro quello dell'opposizione che forse è quella che rischia di più da parte dei suoi elettori, ma anche in questo caso non credo che avranno quel che meritano, forse un po' di piume e catrame ma non molto di più.

Il problema vero è dunque il nostro, di chi capisce o comincia a capire: di chi si troverà ancora vivo tra macerie economiche, sociali, culturali, ambientali, mentali e chi più ne ha ne metta.
Cosa faremo allora?

Siamo i nuclei elementari della società, individui traditi dall'individualismo che è stato il nostro modello di riferimento (conscio o inconscio) negli ultimi ventanni.
Tradito, ingannato ma - parlo ancora di me - non disperato. Perche la fine di questo incubo appagante - in cui eri unico e ti ritrovi solo - riaccende i vecchi ricordi di un tempo in cui esistevano le persone, le relazioni, i legami. Ritrovo così il gusto di fare - anche troppo e troppo in fretta - come chi riemerge da una lunga apnea.

La risposta alla domanda sul cosa faremo è quindi semplice: passata la disperazione, cominceremo a ricostruire - assieme e meglio.




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