venerdì 4 marzo 2011

Perché studiare?


"Le società dei nostri genitori e nonni fissavano le condizioni per l'ammissione … . Ma quelle condizioni erano spiegate con chiarezza, senza possibilità di fraintenderne i termini, ed erano complete di istruzioni altrettanto chiare sui modi per soddisfarle.
In quelle società, le piste della carriera professionale cominciavano non appena oltrepassato il punto d'ingresso. Quelle piste erano quasi sempre strette, lasciavano ben poco spazio per sgomitare e ancor meno per promettere avventure … . Ma per coloro che avevano ancora bisogno di un'imbarcazione affidabile che promettesse una navigazione sicura, la destinazione non era né un mistero né l'oggetto di una scelta tormentosa; i compiti della navigazione non erano irti di rischi innumerevoli e ingiustificabili. A chi maneggiava i remi non restava altro che vogare con diligenza e assiduità, seguendo «alla lettera» le regole della nave.

Il disagio odierno è diverso: è legato ai fini anziché ai mezzi. Le procedure di un tempo, denigrate e vissute con risentimento da tanti mentre erano ancora in pieno vigore, ormai si sono estinte, portandosi dietro nella tomba anche quella fiducia che ispirava sicurezza. Ormai non è più questione di reperire i mezzi in vista di fini chiaramente definiti, e poi di tenerli saldamente e di utilizzarli con il massimo dell'abilità al fine di produrre il massimo dell'effetto. Oggi il punto è che i fini sono sfuggenti (e fin troppo spesso illusori): sfumano e si dissolvono in un tempo più breve di quello necessario a raggiungerli, sono fluidi, inaffidabili e comunemente visti come non meritevoli di incrollabile impegno e dedizione." (1)
Mentre leggevo questo libro mi è arrivato il numero 4/2010 di Inarcassa, il trimestrale della Cassa Nazionale degli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti che a pag. 28 analizza le opportunità di lavoro nella libera professione per i neolaureati. Dopo tre pagine, proprio il giornale dei liberi professionisti conclude così:
"Come si vede dal confronto tra le esigue opportunità di lavoro (e quindi di guadagni) e le certezze di importanti spese, il bilancio che ne deriva è sconfortante. Esercitare la libera professione di ingegnere ed architetto non è garanzia di lavoro e guadagno e, a maggior ragione, iniziare una tale attività può essere un errore irreversibile."
E propone come principale alternativa quella di:
"Valutare la possibilità di lavoro all'estero. Ancora oggi i professionisti italiani hanno un buon mercato lontano dall'Italia; Australia, Nuova Zelanda, ma anche Canada, Stati Uniti e Medio Oriente apprezzano le capacità e l'estro dei nostri professionisti".
Ecco quindi che nelle pagine di Bauman confermate - dove meno te lo aspetti - in una maniera che mette i brividi, prende forma quanto l'esperienza di tutti i giorni già aveva fatto intendere e contemporaneamente si sbriciola il discorso che tante volte ho fatto ai miei studenti: "Fate come me: io sapevo che se avessi studiato sarei salito nella scala sociale e avrei avuto un lavoro ben retribuito; ho faticato ma così è stato".

Non so quante volte l'ho detto, senza rendermi conto che il mondo era cambiato. I genitori vissuti nel mio stesso pianeta erano d’accordo, i figli alieni non capivano di cosa stessimo parlando.

Che senso ha - oggi - dirgli: "Studiate e «quindi» avrete un lavoro e il denaro con cui comprare quelle cose che vi sembrano tanto necessarie"?

Non solo lo studio non garantisce una futura appartenenza al mondo dei consumatori, ma è lo stesso concetto di futuro ad essere scomparso. Semplicemente non esiste, non si riesce ad immaginarlo coperto da un'oscura incertezza; la loro vita appare una battaglia persa in partenza, l'anteprima di uno spettacolo che non verrà rappresentato. Neppure la "felicità" di una conformistica vita da schiavi sembra essergli più permessa.

Ed allora: "Perché dovrebbero studiare?"

Per rispondere ci si deve scrollare di dosso la convinzione (questa si inculcata quotidianamente) che tutto vada valutato in termini di mercato e che a questo modo di essere non ci siano alternative; solo così si può capire che questi ragazzi hanno solo una possibilità di sottrarsi al loro destino: devono ricostruire l'idea di futuro, in altre parole devono cambiare il mondo. Non importa quanto possa sembrare difficile, perché è la loro unica possibilità.

E per farlo devono studiare, studiare a lungo, studiare sempre; perché solo se capisci quello che hai intorno, se sai usare gli strumenti adatti, se sai pensare, solo così saprai contro cosa e come combattere e potrai avere una speranza di riuscire (o comunque di dare un senso alla tua vita invece di venire travolto da una corrente incomprensibile). Devono studiare perché "colui che non comprende il presente non può pensare di controllare il futuro" e perché "l'ignoranza produce la paralisi della volontà" (2).

Ma per poter studiare bisogna prima imparare a farlo e a questo serve la scuola. I contenuti - tanto cari a chi pensa alla scuola come una fabbrica che deve sfornare esseri umani pronti per le richieste del mercato - sono - tutto sommato - secondari; ma nello stesso tempo ogni materia è un allenamento, magari faticoso e noioso ma proprio per questo necessario: perchè chiunque corre in bicicletta ha cominciato girando in tondo in un piccolo cortile.

Ora che ho capito, non resta che farlo capire anche a loro .......

(1) Zygmunt Bauman "Vite di scarto" - Economica Laterza 2004
(2) Zygmunt Bauman "Vita liquida" - Economica Laterza 2005

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