sabato 18 aprile 2009

Padri e figli

Qualche anno fa, ricevendo i genitori dei miei studenti, aprivo le braccia e mi dicevo incapace di capire i loro comportamenti. Le situazioni difficili sono però diventate sempre di più fino ad essere la norma ed allora mi sono messo testardamente a cercare una spiegazione. Ho così letto, studiato, ho parlato con loro, ho unito la mia esperienza a quella di tante voci diverse ed ora - almeno - non allargo più le braccia. Non ho la cura ma credo di aver trovato una possibile prevenzione che sto usando con le mie figlie.
Proprio per condividere con altri queste idee ho scritto l'articolo seguente.

L'articolo è lungo per un post per cui lo si può scaricare a questo indirizzo (Pdf - 32K)

--> In questo caso mi piacerebbe più del solito ricevere dei commenti.

Noi e i nostri figli

Oggi siamo bombardati da informazioni, messaggi, stimoli di tutti i tipi. Moltissimi messaggi sono contraddittori, ingannevoli, fuorvianti, esagerati, inutili se non semplicemente falsi, spesso più cose assieme. Questo bombarda-mento ci obbliga a valutare, confrontare, scartare, approfondire, ci obbliga a scegliere e questa cernita tra le infor-mazioni richiede tempo e impegno che pochi hanno.
La nostra reazione è la stessa dell’animale senza via di fuga: ci fingiamo morti, non reagiamo più. La ragione si perde di fronte a questa massa di informazioni e semplicemente smettiamo di pensare.
Nascosto nel rumore di fondo c’è però un martellamento a senso unico, gli stessi contenuti ripetuti nelle forme più varie, messaggi creati per sostituirsi ai nostri pensieri, per indirizzare i nostri comportamenti, messaggi indirizzati alla parte primordiale del nostro cervello (meno evoluta ma che spesso ci condiziona più di quanto faccia la parte più razionale), messaggi studiati da chi conosce la psiche e i suoi punti deboli e che quindi agiscono su di noi non tanto come la goccia che buca la roccia ma come un coltello nel burro.
Accade così che non solo smettiamo di pensare ma ci accodiamo, aderiamo agli slogan o alle pubblicità, al tifo, alle fazioni, alle mode e alle suggestioni, non distinguiamo più i grigi accontentandoci della semplicità del bianco e del nero, seguiamo il capo branco, in una parola ubbidiamo.

Ormai vaghiamo con tutta la famiglia per i centri commerciali alla ricerca dell’inutile a basso prezzo, ci stordiamo di fronte alla televisione, veniamo educati dalla pubblicità. Pubblicità e televisione che non ci dicono solo cosa dob-biamo comprare, ma con la loro onnipresenza ci hanno ormai annichilito al punto che non sappiamo più pensare se qualcuno non ce lo dice. Le nostre scelte sono basate su messaggi che sono sempre pubblicitari, anche se vengono dai telegiornali. Crediamo ormai che la pubblicità o la televisione siano qualcosa di indispensabile e invece paghiamo qualcuno perché ci faccia fare o comprare qualcosa di cui non abbiamo bisogno.

Se ora pensiamo ai nostri figli e ci guardiamo dentro ci scopriamo incapaci di comprenderli ed aiutarli. Siamo convinti (o ce lo fanno credere?) che sia un compito impossibile e anche in questo caso nascondiamo la testa sgomenti, cerchiamo di soddisfare tutti i loro desideri pensando che ci sarà tempo … convinti che il tempo - da solo - li farà “crescere”.
E invece li lasciamo morire, veniamo meno al nostro compito, non ci opponiamo a chi ne prepara la rovina.

Perché di rovina si tratta, basta mettere assieme le notizie di cronaca, le statistiche e l'esperienza di tutti i giorni e il quadro che appare è chiaro, terrificante ma chiaro. I nostri figli adolescenti si staccano da noi senza quel minimo di conoscenze e di personalità (anche se ancora immatura) indispensabili per affrontare e godere la vita (godere la vita in senso profondamente umano, non pubblicitario).

Un suicidio al giorno, consumo di alcool, tabacco, droga, disordini alimentari, analfabetismo e ignoranza, difficoltà di ragionamento. Sopraffazione nei confronti dei più deboli, assenza dei concetti di limite e di regola (etica, di comportamento, di legge) e quindi anche di responsabilità, incapacità di valutare le conseguenze delle proprie azioni, vandalismo. Comportamenti a rischio scelti proprio per il rischio e non per la "naturale" incoscienza dell'età. Incapacità di sviluppare rapporti affettivi con gli altri e una sessualità basata sulla pubblicità e sulla pornografia, sostituzione delle “faticose” relazioni reali con quelle virtuali. Assenza di autostima e incoscienza sul valore della propria e dell'altrui vita. Mancanza di senso critico e autocritico e quindi assoluta facilità ad essere suggestionati, plagiati, ingannati dagli altri e dal mondo esterno ma anche da se stessi. Assenza di forza di volontà, di capacità di sopportazione, di resistenza alla fatica fisica e mentale: anzi fuga da tutto ciò che si possa configurare come fatica. Depressione, indolenza, nessuna fiducia nel futuro anzi totale mancanza di una visione del futuro, assenza di interessi in una vita in cui domina la noia …

Questi sono i nostri figli, i figli delle famiglie "normali" quelli che vanno "regolarmente" a scuola.
Molti genitori staranno pensando che esagero, che questo non è il loro caso, ma pensano così perché ignorano l’abilità estrema a nascondersi dei loro figli, in un mondo in cui solo l’apparenza conta hanno imparato prestissimo l’arte di fingere e la esercitano con naturalezza, spesso senza neanche rendersene conto.
Non si contano più i genitori che si sono accorti di quanto stava accadendo sotto il loro naso solo quando è arrivata quella telefonata dalla scuola, dai carabinieri o dall'ospedale, quando sono stati bruscamente messi di fronte all’incidente, al comportamento assurdo, al bullismo, alla violenza di gruppo, alla gravidanza o alla prostituzione … .

Io vedo questi ragazzi tutti i giorni, li ho conosciuti, ho parlato con loro e ho letto di loro.
Vederli mi ha fatto aprire gli occhi, ci sono voluti anni ma sono riuscito ad aprirli, mi sono costretto ad aprirli per poter cominciare a capire. E’ stata una fortuna perché, grazie a loro, forse sono ancora in tempo per salvare i miei figli. Ed è stata una fortuna anche perché questi ragazzi hanno un disperato bisogno di aiuto e si attaccano ad ogni mano che gli viene tesa e così, quando a modo mio riesco ad aiutarli, sono contento, è qualcosa che aggiunge senso alla mia vita.

Ormai credo di poter dire perché sono così. La risposta è incredibilmente semplice: sono così perché così li fa crescere il mondo che ci circonda.

Un mondo dove tutto si può comprare in cui imparare a fare le cose non serve a nulla.
Un mondo guidato da incapaci e delinquenti in cui il merito e l’onestà sono inutili.
Un mondo dove regna la volgarità e l’ignoranza in cui non servono educazione e cultura.
Un mondo che si inchina ai furbi e ai violenti in cui ci vuole solo furbizia e violenza.
Un mondo superficiale e vuoto in cui non serve l'impegno e la fatica.
Un mondo in cui solo l’apparenza conta e la sostanza non ha valore.
Un mondo che offre stordimenti a buon mercato in cui non serve volare con la fantasia.
Un mondo di corsa in cui non ha senso riflettere prima di agire.
Un mondo dominato dalle mode in cui avere una personalità è fonte di sospetto.
Un mondo in cui la vita e la natura non hanno valore.
Un mondo in cui la competizione ha sostituito la solidarietà.
Un mondo individualista in cui non esiste più la parola “noi”.
Un mondo impaurito in cui l’altro è sempre e solo un nemico.
Un mondo in cui il valore economico ha sostituito la bellezza.
Un mondo in cui c’è sempre qualcos’altro da raggiungere e dove non c’è più nessuno grato per quel che ha.
….

Per opporsi a tutto questo e per diventare degli uomini liberi ci vogliono dei modelli, ci vuole qualcuno che dia ad un ragazzino la forza e i motivi per comportarsi in un modo diverso dagli altri, la forza per opporsi alle spinte distrut-tive ma allettanti della televisione. Quella televisione che invece fa loro da balia e passa con i nostri figli un tempo lunghissimo lavorando costantemente su menti immature con messaggi da paese dei balocchi.
Perché quel che accade a noi accade anche ai nostri figli. Ma loro non hanno nessuna difesa perché non hanno mai visto o intravisto il mondo di prima. Di prima della televisione e della pubblicità, di quando le cose, le parole i sentimenti i rapporti umani avevano un valore non “economico” ma culturale. Loro credono che questo mondo sia l’unica realtà possibile e ne assorbono come spugne i “valori”.

I modelli, oggi, non si trovano nelle famiglie: fin dalla nascita i nostri figli non hanno più genitori ma solo amici, ammiratori, finanziatori e difensori d’ufficio, che si preoccupano solo di guadagnare per comprargli quello che “inutilmente serve”: i vestiti firmati, il telefonino, i sofficini … .

Ci fanno credere che sia scorretto e dannoso esercitare il nostro potere nei loro confronti - e qui parlo soprattutto ai padri ormai travolti dalla paura di traumatizzare i bambini se solo si comportano in maniera un po’ dura e determi-nata. La figura del padre è divenuta sinonimo di autoritarismo, quando non di violenza. Nella società che ci hanno costruito intorno l’imposizione di regole “dall’alto” non è infatti funzionale: non dobbiamo infatti avere vincoli, regole e principi, dobbiamo crederci liberi per poter essere più facilmente pilotati e comandati e poi non c’è un consumato-re migliore di un figlio viziato.
I padri sopraffatti da questo bombardamento si omologano, diventano “mammi”. Talvolta diventano più timorosi e iperprotettivi delle stesse madri. Oppure, ormai delegittimati, scelgono inconsciamente di allontanarsi, si immergo-no nel lavoro e si disinteressano dell’educazione dei figli.

L’atteggiamento permissivo dei genitori impedisce così ai figli di imparare a sopportare limiti e frustrazioni. Un figlio senza regole e confini imposti con forza e coerenza sin dall’inizio sarà spinto a cercare sempre di prevalere, senza mai maturare una coscienza e un senso di responsabilità, senza tenere in considerazione le esigenze e le difficoltà degli altri, continuerà sempre a credere che tutto gli sia dovuto e tutto gli sia permesso. Un figlio che ha avuto soddisfatta ogni richiesta identificherà il proprio valore con gli oggetti che possiede. Un tale figlio, da adulto, sarà un individualista aggressivo, mai appagato nei suoi desideri e quindi mai felice.

I modelli si trovano sempre più raramente nella scuola che oggi vuole solo che i ragazzi crescano docili consuma-tori e rassegnati elettori. La scuola è ormai una malattia che corrode il nostro paese dall’interno combattendo il pensiero e distruggendone così le energie migliori.

Una volta era tutta la società a condividere ed indirizzare l’educazione, oggi una vera società non esiste più perché è stata polverizzata in individui e i nostri figli non hanno più neppure gli amici di strada con i quali giocare e litigare.

I bambini e i ragazzi cercano così di diventare adulti a modo loro. Soli in un mondo fatto di cartoni animati, pubblici-tà, centri commerciali, telefonini e second-life, non sapendo pensare possono solo seguire le mode e scimmiottare la televisione: ed ecco spiegati i loro comportamenti.

Cosa si può fare allora, cosa sto cercando di fare io?

Prima di tutto dobbiamo ricominciare a pensare e subito dopo ci dobbiamo opporre con tutte le forze a questo sistema.
Non obbiettate che non è possibile, che sono “troppo forti”, non gettate la spugna senza aver provato, non arrende-tevi senza combattere!

Per proteggere i nostri figli dobbiamo trasformare il loro punto debole in un punto di forza: poiché i bambini e i ragazzi assorbono come delle spugne dal mondo esterno, dobbiamo riprendere il controllo di ciò che li circonda.

Dobbiamo riuscire a staccarli e a portarli lontano da questo tipo di mondo, dobbiamo creare attorno a loro uno scudo protettivo fin dai primi anni di vita, dobbiamo fargli conoscere i libri, il cinema, il teatro, le parole, la musica, i numeri, l'arte, la natura, i sapori, lo sport e la fatica, il pensiero e l’astrazione, il piacere di fare e di capire, il dispia-cere per non essere riusciti, gli errori, le disillusioni, i limiti, le frustrazioni, le responsabilità, le cadute, la solitudine, l'ozio, il silenzio, il piacere di aiutare e il dolore del tradimento, la fiducia che ti fa obbedire, la soddisfazione di fare la cosa giusta invece di quella utile, le emozioni, l’amore. Dobbiamo mettere i nostri figli in questo terreno e atten-dere che la natura umana, che si nutre di queste cose, faccia il miracolo di sempre: che i nostri figli vi mettano radici, che ne cerchino ancora.

Io credo infatti che l’essere umano capace di pensare liberamente trovi il coraggio, la sicurezza e l’autostima che non possono che portarlo a sviluppare quei valori profondamente “umani” dell’amore, della pace, del rispetto, della solidarietà e della conoscenza.

Se quindi riusciremo a far germogliare il seme nel terreno giusto la pianta sarà sana e potrà affrontare la vita da sola.

Io non vedo altra scelta: dobbiamo riconoscere i nostri errori e affrontare le nostre responsabilità, dobbiamo lavora-re con gli altri e per gli altri per cambiare questo mondo. Ancora non sappiamo o non crediamo di poterlo fare e non osiamo tentare ma noi possiamo e dobbiamo farlo.

L’alternativa è condannarci a non vivere e a vedere morire i nostri figli molto prima di noi.


L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendi-mento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

(Italo Calvino - Le città invisibili)

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