"Vergogna", grida il pubblico nell'aula. Come a luglio, per il verdetto sulle violenze nella caserma di Bolzaneto. Un'altra sentenza "dimezzata" dove si dice che, in quella Scuola Diaz, accadde di tutto: si sfiorò la tortura e si tentò di ingannare la giustizia creando prove false, nascondendo delle bombe molotov portate dentro dai poliziotti nel tentativo di giustificare l'assalto, i pugni, i calci e le manganellate. Ma i giudici si rifiutano invece di pronunciare ciò che la logica dei fatti e delle responsabilità pretenderebbe: che tutto questo fu ordinato e deciso da chi comandava le forze dell'ordine, in quella notte feroce e sbagliata del 21 luglio 2001.
Spariscono dal processo i vertici della polizia, rimasti in carriera nonostante quelle imputazioni gravissime, promossi e chiamati a nuove responsabilità sia negli anni del centrodestra che in quelli del centrosinistra.
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Solo chi stava lì, chi picchiava e chi truccava le carte delle prove penali è stato condannato. Nessuno dei capi, invece, pagherà. Una giustizia che sembra far pensare, inevitabilmente e aldilà della stessa volontà dei giudici, che forse qualcuno resta più uguale degli altri. E con quel morto di piazza Alimonda, Carlo Giuliani, per il quale mai nessuno è stato obbligato a raccontare la verità.
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