domenica 12 ottobre 2008

Chiusura piccole scuole

Vorrei cercare di approfondire le notizie che circolano sulla chiusura delle scuole.


Ricapitoliamo:


1) Nascosto nel decreto sanità c'è un articolo sul ridimensionamento delle istituzioni scolastiche (cioè chiusura di scuole). Per inciso mi domando se alla ministra, la sua amata maestra ha mai detto che non è educato fare le cose di nascosto. L'articolo dice:

"I piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, devono essere in ogni caso ultimati in tempo utile per assicurare il conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione della rete scolastica previsti dal presente comma, gia' a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010 e comunque non oltre il 30 novembre di ogni anno. Il Presidente del Consiglio dei Ministri ... su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida le regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica. Ove le regioni e gli enti locali competenti non adempiano alla predetta diffida, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina un commissario ad acta. Gli eventuali oneri derivanti da tale nomina sono a carico delle regioni e degli enti locali.».

Senza entrare nel merito del provvedimento, la forma è semplicemente quella di una imposizione prepotente ed arrogante. Mi domando: a che cosa serve un Ministro per i rapporti con le regioni? Mi domando anche: come risponderanno le regioni (che, ricordiamoglielo, abbiamo eletto per rappresentarci)?. Qualora eseguano silenziosamente gli ordini potremmo domandarci, ancora una volta: a che cosa ci servono?

2) Il piano di cui si parla è il seguente:
Schema di piano programmatico del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze che per quanto riguarda la Riorganizzazione della rete scolastica (punto 2) dice:

"Il DPR 233/1998, nel fissare i parametri per il dimensionamento delle istituzioni scolastiche, prevede uno standard generale compreso tra i 500 e i 900 alunni, quale requisito per il conferimento dell’autonomia alle istituzioni scolastiche.

Lo stesso DPR 233 consente tuttavia una deroga a tale standard autorizzando, in via eccezionale, dimensionamenti di istituzioni scolastiche con una popolazione compresa tra le 300 e le 500 unità, a condizione che si trovino in zone montane o nelle piccole isole e si tratti di istituti comprensivi del 1° ciclo o "istituti superiori"del 2° ciclo.
Da quasi un decennio, però, la rete scolastica, è rimasta pressoché immutata nelle sue strutture vale a dire nei suoi punti di erogazione del servizio (plessi, sedi distaccate o principali, sezioni associate) e nei centri di coordinamento e gestione (istituzioni scolastiche), e ciò nonostante le dinamiche demografiche che spesso hanno svuotato o riempito a dismisura la platee scolastiche o hanno reso difficili o superflui la gestione e il coordinamento delle scuole.
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Attualmente circa 700 istituzioni scolastiche autonome hanno una popolazione scolastica inferiore ai minimi previsti dalla fascia in deroga (meno di 300 alunni). All’interno poi della stessa fascia in deroga vi sono oltre 850 istituzioni scolastiche che non hanno titolo, per tipologia di scuola (circoli didattici, scuole medie, istituti superiori), a farne parte, perché per la loro istituzione non è prevista la possibilità di deroga. Alle citate scuole se ne aggiungono altre 1.050 (istituti comprensivi) comprese nella fascia minima, ma non tutte si trovano effettivamente nei territori montani o nelle piccole isole.
Si può dunque stimare che una buona percentuale di istituzioni scolastiche, compresa tra il minimo certo del 15% e il massimo probabile del 20%, non sia legittimato a funzionare come istituzione autonoma.
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La presenza di oltre 10.760 istituzioni scolastiche autonome, che governano 41.862 punti di erogazione del servizio, è di ostacolo alla stabilità delle stesse e all’offerta di una pluralità di scelte aggregate in maniera razionale alle esigenze del territorio e che agevolino l’esercizio del diritto all’istruzione. Inoltre, escludendo dal computo le scuole dell’infanzia per la loro particolare natura di servizio capillarmente diffuso, su poco più di 28 mila punti di erogazione del servizio circa il 15% ha meno di 50 alunni e un altro 21% ha meno di 100 alunni. In effetti, la polverizzazione sul territorio di piccole scuole non risulta funzionale al conseguimento degli obiettivi didattico-pedagogici, in quanto non consente l’inserimento dei giovani in comunità educative culturalmente adeguate a stimolarne le capacità di apprendimento e di socializzazione

Si rende pertanto necessario non solo eliminare le numerose situazioni non conformi ai parametri dell’attuale normativa, ma anche ripensare il sistema nel suo complesso al fine dell’ottimizzazione e della perequazione delle risorse umane a sostegno di una maggiore funzionalità gestionale, prevedendo anche ricorrenti verifiche, tali da prevenire e correggere tempestivamente le eventuali anomalie.

Il dimensionamento delle istituzioni scolastiche dovrà procedere pertanto attraverso la verifica delle situazioni in atto finalizzata al rispetto dei parametri previsti dalla normativa vigente per il funzionamento delle scuole autonome, a cominciare dai territori non ubicati nelle comunità montane o nelle piccole isole, anche attraverso il progressivo superamento delle attuali situazioni relative a plessi e a sezioni staccate con meno di 50 alunni.
L’esperienza virtuosa di diversi Comuni, che ha consentito in questi anni di ovviare, ove possibile, alle criticità e all’isolamento delle piccole scuole, deve essere assunta come linea di intervento generalizzata, anche se richiederà tempi medio-lunghi, soprattutto nei territori montani e nelle piccole isole.
È opportuno, tuttavia, che l’intervento sia gradualmente realizzato dalle Regioni e dagli Enti Locali, col supporto di azioni mirate quali, ad esempio, l’attivazione di trasporti, l’adeguamento delle strutture edilizie ecc.. e provvedendo contestualmente alla realizzazione di servizi in rete.
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L’istituzione, la soppressione o l’aggregazione delle scuole, quali punti di erogazione del servizio scolastico, rientrano, com’è noto, nelle competenze delle Regioni e alle Autonomie locali, ...., l’Amministrazione scolastica offrirà alle Regioni e alle Autonomie locali la collaborazione necessaria per dimensionare la rete scolastica nel rispetto delle disposizioni vigenti; ciò tanto con riferimento alle istituzioni scolastiche, che al funzionamento delle sedi di erogazione del servizio".

Facciamo dunque un pò di conti:

700 + 850 + parte di 1050 = 1700 (considerata la parte di 1050 pari a 150) che rispetto a 10760 fa circa il 16%. Risultato che coincide con quello del piano: "Si può dunque stimare che una buona percentuale di istituzioni scolastiche, compresa tra il minimo certo del 15% e il massimo probabile del 20%, non sia legittimato a funzionare come istituzione autonoma". Si noti che stiamo parlando di "istituzioni scolastiche autonome", non di "punti di erogazione del servizio" che sono molti di più. Queste istituzioni dovrebbero essere subito accorpate e ne dovrebbe sparire un numero compreso tra 8% e 10%.

Questo accorpamento però non interessa i piccoli plessi: infatti una unica istituzione scolastica può comunque gestire i piccoli plessi sparsi sul territorio che prima erano gestiti, ad esempio, da due istituzioni. Questa è la motivazione del decreto 233 da cui si parte, e su questo tipo di riduzione delle spese sono d'accordo (anche se lo dico controvoglia)
.

Il punto dolente è invece l'affermazione che "su poco più di 28 mila punti di erogazione del servizio circa il 15% ha meno di 50 alunni e un altro 21% ha meno di 100 alunni". In totale si tratta del 36%: più di un plesso su tre che la ministra vuole chiudere e, come al solito, giustifica le scelte di cassa parlando di cose che non capisce: "la polverizzazione sul territorio di piccole scuole non risulta funzionale al conseguimento degli obiettivi didattico-pedagogici, in quanto non consente l’inserimento dei giovani in comunità educative culturalmente adeguate a stimolarne le capacità di apprendimento e di socializzazione".
Di fronte a tali motivazioni è inutile anche tentare di spiegare quanto può valere la scuola per un piccolo centro (non necessariamente in un'isola o in montagna), per cui non ci provo nemmeno.

Il piano parla di "tempi medio-lunghi, soprattutto nei territori montani e nelle piccole isole" questo vuol dire che questi plessi verranno comunque chiusi, prima o poi. Se qualcono però spera nel "poi" dovrebbe notare come il piano parli anche di "collaborazione" con gli enti locali che, nel decreto da cui siamo partiti, si è tradotta in una diffida che concede un tempo massimo di un paio di mesi prima della nomina di un commissario governativo.


3) Per avere il completo quadro della situazione, resta da vedere la norma a cui fa riferimento questo piano cioè il Decreto del Presidente della Repubblica n. 233

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