Non si può nascondere, infatti, che dietro spot propagandistici e fumosità, “la riforma” nei prossimi tre anni comporterà la chiusura di sedi scolastiche soprattutto nei centri di campagna e di montagna, la riduzione del tempo di scuola, l’aumento di alunni per classe, minori possibilità d’integrazione per gli alunni disabili e stranieri, ridotte possibilità per gli adulti che frequentano scuole serali, enormi disagi per gli insegnanti con un classi più numerose, orari di lavoro saturi e orari scolastici ridotti, drastica diminuzione di personale e servizi.
I tagli colpiranno anche i genitori che dovranno riprendere i figli alle 12,30 oppure andare incontro a spese aggiuntive per il prescuola, il doposcuola e la mobilità sul territorio.
Ma ad essere colpita sarebbe anche l’intera società che avrà giovani meno istruiti, in un momento in cui si ha invece la necessità di rimodulare e migliorare l’istruzione in considerazione delle recenti e rapide trasformazioni planetarie.
In Abruzzo ci sono circa 183.000 alunni, compresi 4.750 disabili e 9.500 stranieri.
Con i tagli previsti rischiano di scomparire 200 plessi scolastici, 83 dirigenze scolastiche, 1.100 posti di lavoro degli insegnati di ruolo ed il licenziamento di tutti i supplenti precari e del personale ATA...
E poichè non si può solo dire no consiglio questo articolo da cui cito:
Ieri l'altro erano in piazza in mezzo milione. Non dicevano solo no. Dicevano: «No, e mo' basta!». Un brivido antico, che è bene riprovare.
1 commento:
Durante la conferenza stampa di lunedi 6 ottobre, tenutasi a Pescara, ho risposto alle domande di un giornalista in merito al Centro Oli abruzzese. Riporto di seguito il testo dell'intervento.
Giornalista: In questa regione abbiamo un emergenza ambientale come quella del Centro Oli, dove si combattono varie posizioni e forse non conciliabili. Questo tema del cosiddetto dialogo sulle cose concrete come lo vede su questo punto?
Carlo Costantini: Il Centro Oli investe complessivamente un approccio culturale che il prossimo governo regionale dovrà mettere in campo rispetto allo sviluppo e rispetto all'ambiente.
Noi siamo stati sempre contrari, ma la nostra contrarietà non è ideologica. E' una contrarietà che tiene in considerazione quelli che sono i punti di forza della regione. Siamo convinti che i punti di forza della regione non siano ne il Centro Oli ne i Call Center, ma il suo territorio, il suo ambiente, la sua natura, la miriade di piccole imprese che garantiscono la tenuta di una economia che per altri versi, e con riferimento ad altri settori, corre il rischio di fare dei grandi passi indietro.
Il Centro Oli è oggettivamente incompatibile con le vocazioni migliori della regione Abruzzo, cosi come il principio della perforazione dei nostri mari in prossimità della costa, cosi come sono incompatibili anche quelli che chiamano “termo-valorizzatori”, che in realtà sono inceneritori. Abbiamo un patrimonio naturalistico e ambientale straordinario che rappresenta il vero punto di forza della regione, che non possiamo disperderlo per 35 posti di lavoro. Se andate a studiare la realtà della Basilicata, parliamo di occupazione in pianta stabile con contratti a tempo indeterminato, interessano poche decina di persone, e dall'altra parte mettiamo in discussione la sopravvivenza di centinaia di aziende agricole, di consorzi e di cantine. Non c'è discussione, ma ripeto che il nostro “no” non è ideologico, come per tutto, ma è basato sui numeri e sui fatti: quello che sacrifichiamo per questo investimento è troppo rispetto a quello che ci rientra. Un ragionamento estremamente pratico e concreto.
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